Una piazza multiforme

Afragola, inizio Ottocento

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L’unica agorà, per dirla con l’architetto Paolo Sibilio, che Afragola possiede attualmente è quello spazio di forma grossolanamente triangolare denominato piazza Gianturco, già Belvedere, che si estende fra il termine del centro storico e l’inizio del nuovo, caratterizzato dai quartieri otto – novecenteschi di Sant’Antonio e dell’Oberdan. E’ un’area che rappresenta da sempre un luogo di ritrovo e appuntamento, il cui aspetto è cambiato nel corso degli anni, fino agli ultimi, discussi e discutibili riattamenti del 2016 – 2018. La piazza è quindi un ottimo specchio delle trasformazioni urbane afragolesi degli ultimi duecento anni, a partire dalla Restaurazione borbonica degli anni Venti dell’Ottocento fin quasi a oggi, con un assetto vetus che è divenuto novus, assecondando i gusti di quasi ogni epoca.

I motivi di una scelta.

Le amministrazioni del periodo postunitario ebbero la responsabilità di ridisegnare l’assetto urbano cittadino e assecondare lo sviluppo della maglia viaria, in forte espansione un po’ ovunque nell’area a nord di Napoli, all’indomani dei fatti del 1860. Non fu un percorso facile e omogeneo, anche per la debolezza stessa dell’impianto amministrativo. Nel trentennio 1860 – 1890 si succedettero otto sindaci e tre commissari prefettizi, segno di grande instabilità delle maggioranze politiche1, e in effetti il solo progetto che fu concepito, sviluppato e concluso in seno al vertice amministrativo riguardò l’attuale Palazzo di città, opera del 1870 – 1880.

Il tessuto urbano tendeva ad espandersi verso sud per iniziativa del notabilato locale, formato da famiglie di professionisti delle arti liberali (medici, architetti, docenti, farmacisti, ingegneri, impiegati) che abbandonavano i vicoli stretti e sovrappopolati dei rioni Santa Maria, Rosario e San Giorgio per trasferirsi in edifici di nuova costruzione.

Il sito prescelto per la spinta centrifuga di queste famiglie fu l’ampia zona campestre nei pressi del santuario di Sant’Antonio, per molteplici cause:

– la zona era scarsamente urbanizzata e consentiva la costruzione di palazzi monofamiliari, privi di bassi, dotati di ampi giardini e non eccessivamente ravvicinati, come accadeva nel centro antico;

– era rivolta a sud, verso Casoria e quindi Napoli, ove molti sbrigavano i propri affari e potevano utilizzare la linea tranviaria che, partendo da Caivano, attraversava il centro antico lungo l’attuale asse viario De Rosa – Sanfelice e attraversava il quartiere in costruzione;

– era vicino al santuario antoniano, così da garantire il soddisfacimento degli obblighi devozionali (mentre la cura d’anime rimase, fino al 1927, esclusivo appannaggio delle tre parrocchie storiche);

– garantiva, infine, il distacco con il popolo analfabetizzato, schiavo di retaggi antichi di marca rurale, e la separazione anche visiva del ceto emergente.

Un cambiamento lungo due secoli.

La carta del 1822 mostra Afragola come nucleo urbano compatto, circondato da vasti appezzamenti agricoli. L’area in esame, quella corrispondente all’attuale piazza, è completamente aperta: l’attuale via Sanfelice, ad angolo con l’ex orfanotrofio Nicola Gargiulo, era l’ultima del manto stradale, coperta di basoli lavici, si allargava nello slargo dell’odierna piazza Belvedere e oltre essa troviamo un sentiero che conduceva al convento francescano, a quel tempo fuori dall’abitato. Il sentiero poi proseguiva verso Casoria, e corrisponde all’attuale via Nazario Sauro, non a caso conosciuto come via vecchia di Casoria.

Lo slargo (non ancora piazza) è in parte rappresentato nel dipinto di Augusto Moriani del 1886, custodito nel Salone omonimo del Palazzo di Città. A destra notiamo, oltre al Palazzo Cocco, ancora oggi esistente2, anche gli odierni edificio che ospita la farmacia ad angolo, e sul fondo il Palazzo Ciaramelli, che durante l’epoca fascista sarà sede della Casa del Fascio. Sempre sul lato meridionale ma in primo piano abbiamo l’edificio che fa angolo con via Francesco Russo, già avente la nota terrazza. All’interno di un recinto sono presenti alti pini, e la tranvia passa accanto al muro di cinta. Il sito ha già assunto – e siamo alla fine dell’Ottocento – la sua caratteristica di importante nodo comunicativo fra interno ed esterno dell’abitato.

La Tranvia Caivano – Napoli, passante per Afragola lungo l’asse delle attuali vie Murillo di Cardito – Corso Meridionale- De Rosa – Morelli – Sanfelice e sboccante al Belvedere, iniziò le corse nel 1881 e le cessò definitivamente nel 1957, tagliando fuori da allora il centro storico da ogni collegamento di trasporto pubblico con la parte nuova della città.

A. Moriani, Piazza Belvedere nel 1886.

Facciamo un salto di circa mezzo secolo.

Afragola, anni Venti/Trenta del Novecento. La piazza – ora possiamo chiamarla così – ha assunto la denominazione di Piazza Belvedere. Vediamo che è dominata dalla mole imponente del Palazzo Tuccillo, che in una Guida del 1993 era scritto risalente agli inizi del Novecento. L’angolazione della foto ci consente di osservare anche parte dell’attuale via Largo Giuseppe Moccia, a sinistra dell’edificio.

Piazza Belvedere, prima metà del Novecento.

In primo piano, un tappeto erboso dominato da un’unica palma. L’attuale Corso Garibaldi è basolato e notiamo una carrozza in sosta mentre un’altra già si avvia lungo la strada. Assenti totalmente gli edifici del lato destro dello slargo: al loro posto un campo incolto e alberi spogli, divisi dalla strada pubblica da un muro basso. I panni stesi ad asciugare sembrano dare un senso all’antico nome della piazza, “O’ Piscinaro”, così chiamato per la presenza di vasche per la pulizia degli indumenti o, secondo altri, di vespasiani pubblici. Non esistevano ancora via Guglielmo Oberdan e il quartiere omonimo. Vediamo sulla strada gruppi di persone intabarrate secondo la moda di fine Ottocento incamminarsi verso il centro storico. La luce che viene da est suggerisce che ci troviamo in piena mattinata.

Anni Cinquanta. La guerra mondiale è passata e una nuova generazione si appresta a prendere le redini della società. I cambiamenti sociali ed economici si riflettono anche nella nuova disposizione della piazza e nella costruzione di nuovi edifici, conseguenza diretta di quel boom economico e demografico dell’Italia di Einaudi.

Piazza Belvedere, anni Cinquanta del Novecento.


Il punto di ripresa è lo stesso dell’altra foto, probabilmente un balcone dell’edificio ad angolo con l’attuale via Francesco Russo, leggermente spostato a destra. Osserviamo notevoli mutamenti: la palma centrale è cresciuta e svetta in mezzo a un piccolo boschetto nello slargo triangolare al centro; sul lato sinistro osserviamo le carrozze di piazza ferme, in attesa dei clienti, mentre è comparso un tabellone, probabilmente indicante annunci o la toponomastica cittadina. Sul lato sinistro, osserviamo che è ancora presente la linea tranviaria, che percorre il marciapiede sinistro del Corso Garibaldi. Lungo questo asse viario, sono stati costruiti nuovi edifici a due piani: il trasferimento del ceto notabile dal centro antico si è concluso, anzi nel decennio successivo inizierà la “colonizzazione” anche dei quartieri nuovissimi a ovest della piazza. E’ scomparso il campo incolto a destra, e si riesce a intravvedere l’inizio, fra due palazzi, della nuova via Oberdan, che fino all’epoca del sindaco Armando Izzo (1953-1960) era brevissima, terminava all’incrocio con via Settembrini. La luce, abbondante ovunque, ci segnala che siamo intorno a mezzogiorno o, al massimo, nelle prime ore del pomeriggio.

Note.

1 Del resto anche a livello nazionale le cose non andavano diversamente. Sono gli anni di Agostino Depretis, del trasformismo politico e delle maggioranze volatili favorite dalla debolezza del sistema parlamentare.

2 E’ noto soprattutto per il notevole effetto prospettico che lo rende visibile fin dall’inizio di via Duca d’Aosta, in Casoria, all’altezza dell’aiuola avente la nota ghiera metallica.

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